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Coste La
costa tirrenica in genere non presenta
rilievi molto elevati (242 km, dalla
foce del Noce alla balza di Scilla). Si
presenta diversificata, con aspetti
dissimili: ora compressa dalla montagna
appare dirupata, scoscesa specie nelle
zone di Capo Vaticano, monte S. Elia e
lungo la costa Viola, ora espansa in
semilune orlate di spiagge abbaglianti.
Il fenomeno geologico più appariscente
che conferisce il pittoresco al
paesaggio è il terrazzamento marino. Si
tratta di un fenomeno dovuto all'azione
del mare e al suo moto ondoso che spiana
le asperità delle rocce costiere.
Gli esempi più belli di questi
terrazzamenti sono nella zona di Capo
Bonifati, di Nocera Terinese, di Falerna
e sul versante occidentale
dell'Aspromonte. AI largo della costa
tirrenica esistevano anticamente gruppi
di piccole isole che nel corso dei
secoli si sono sprofondate a causa del
bradisismo. Di loro restano oggi come
residua gli scogli affioranti. I fondali
della costa tirrenica mutano in
relazione all'ambiente terrestre.
A fondali sabbiosi si alternano
scogliere sommerse stupende per la
ricchezza della fauna e della flora
marina veri paradisi per i sub. Nel
primo tratto della costa tirrenica
emergono i due soli isolotti della costa
calabra: l'isola di Dino di fronte a
Praia e l'isola di Cirella di fronte al
litorale dello stesso nome. Il fondo
marino di entrambe le isole offre
meravigliose scogliere sommerse in cui è
presente la fauna e la flora del
Tirreno.
L'ultimo tratto della costa tirrenica
che va da capo Barbi alla balza di
Scilla è noto come Costa Viola. Si
tratta di un "bastione montuoso" di 700
metri di altitudine che a tratti
strapiomba sul mare che di conseguenza è
di una limpidezza stupefacente, dal blu
intenso. Rocce, grotte, anfratti formano
il fascino di questo bellissimo tratto
di costa.
Il segmento costiero dello Stretto che
va dalla Punta di Scilla a quella di
Pellaro (37 km.) era considerato il più
bello di tutta la Calabria forse
soprattutto per il paesaggio e le sue
prospettive: dell'Aspromonte da un lato
e della Sicilia dall'altro. Un fenomeno
caratteristico della costa Jonica sono i
calanchi soprattutto nella locride e nel
crotonese. Anche su questo tratto di
costa si possono vedere terrazzamenti
marini ma molto meno imponenti e belli
dal punto di vista del paesaggio di
quelli della costa tirrenica.
Analogamente al Tirreno, anche la costa
dell'Jonio anticamente aveva gruppi di
piccole isole scomparse nel corso dei
secoli. Le mitiche isole che Plinio
definisce dei Dioscuri, di Calipso e di
Ogigia al largo di Capo Colonna. II più
tipico e suggestivo paesaggio costiero
Jonico è caratterizzato da spiagge
larghe nel cui entroterra abbondano
coltivazioni alternate alla macchia
mediterranea, più arretrati sono i
boschi e gli uliveti delle colline delle
Serre. Il promontorio di Capo Rizzuto
riporta alla mente quello che fu il
mitico bosco sacro ad Hera Lacinia. Si
tratta di un tavoliere che si estende
all'interno oggi bruttato dall'abuso
edilizio. Tuttavia il fondale
riconosciuto parco marino protetto
conserva un prezioso giacimento di
bellezze naturali, di fauna acquatica.
Catene montuose Una natura a
tratti ancora selvaggia e incontaminata,
è la struttura della montagna calabrese.
Il territorio montuoso si può dividere
in una parte nord, una centrale e una a
sud. Al nord quasi fosse una divisione
geografica tra la Calabria e la
Basilicata, compaiono le vette del
Pollino.
Numerose sono le grotte, una delle più
interessanti quella del "Romito". Rupi
impervie sono rese ancora più
affascinanti dalla presenza di veri e
propri gioielli naturali sopravvissuti
ai millenni: i secolari pini Loricati
intorno ai quali vivono specie
faunistiche e botaniche rare.
Al centro troviamo l'altopiano della
Sila popolato da imponenti boschi di
faggi che hanno colonizzato le zone più
alte, in particolare la foresta del
Gariglione, e di pini larici, alti sino
a quaranta metri, che danno vita a
foreste come quella di Fallistro. Qui
troviamo la presenza di numerosi laghi
quali: Ampollino, Passante, Arvo, e
limpidi e trasparenti torrenti.
Nonostante le sue vette non siano
altissime d'inverno, è possibile
praticare lo sci di fondo sulle piste
attrezzate. Le Serre, poste tra la Sila
e l' Aspromonte, si contraddistinguono
per la prevalenza di folti boschi di
abete bianco. Nelle vallate scorrono
numerosi corsi d' acqua che danno vita a
numerose cascate, la più nota: è quella
di Marmarico, nel comune di Bivongi. A
sud l'aspromonte, posto all' estremità
della penisola italiana, appare come una
grande piramide, circondata dal mare,
che si innalza sino a duemila metri.
L'Altopiano Silano E' noto che il
paesaggio Silano ha un impatto sul
turista che lo visita per la prima volta
che attiene più al suo spirito, alla sua
anima, prima che ai suoi sensi perché dà
un senso di ampiezza e libertà forse
dovuto allo sviluppo del territorio. Si
vuol dire che il paesaggio silano
produce nel visitatore "stupore" più che
ammirazione. Anticamente l'altopiano
silano era un'immensa, intatta foresta:
da qui il suo nome che deriva dai latino
Silva anzi, "Ingens silva" che ha dato
origine al mito del "gran bosco
d'Italia".
Oggi l'altopiano è stato delimitato e si
estende per 150.000 ettari e costituisce
un habitat naturale ricco di vita
vegetale, animale e minerale: le acque,
gli enormi massi granitici che
s'incontrano anche qui come nelle Serre.
Nonostante l'omogeneità orogenetica e
ambientale, l'altopiano silano è stato
diviso in tre aree: la Sila Greca più a
settentrione, la Sila Grande più
centrale, la Sila Piccola a sud.
L'habitat naturale della Sila Greca è
certamente il bosco in cui tuttavia si
aprono tra i pendii valli e praterie
circondate da boschi.
La Sila grande è il cuore dell'altopiano
e qui le foreste si estendono a perdita
d'occhio, le conifere hanno il loro
dominio incontrastato e il Pino Laricio
ne è il simbolo che evoca tempi e spazi
mitici. Nel fondo delle valli e delle
conche si trovano praterie e pascoli.
Caratteristca della Sila Grande sono le
conche che sono diventate contenitori di
acque e hanno dato vita a laghi
artificiali bellissimi: il Cecita,
l'Arvo tuffato in una folta vegetazione
boschiva, l'Ampollino stretto tra due
pendici. Con le conifere coabitano in
Sila, il Faggio, l'Abete bianco, il
Pioppo tremulo, l'Acero di montagna, il
Cerro. Per le specie arbustive: il
Pruno, il Pero e il Melo selvatici. Nei
fondovalle a partire dalla primavera:
asfodeli, orchidee, anemoni, viole.
L'altopiano silano è oggi ancora come
ieri un prezioso patrimonio
naturalistico e una meta del turista e
dello sportivo sia nella stagione estiva
che invernale.
L'Aspromonte Dell'acrocoro
aspromontano è stata data una bella
immagine: quella di un "aquilone
esagonale proteso verso il
Mediterraneo". Si ha notizia che il nome
"Aspromonte" (monte aspro) è apparso la
prima volta in un documento notarile
redatto il 2 ottobre 1528 a Bovalino
Superiore. Nel dialetto calabrese
l'acrocoro aspromontano è significato
con due termini: "aspuru" e "aspru" per
indicare un luogo impervio fatto di cime
e valloni, di gole intricate, di
burroni, di alture e di radure luminose
e di precipizi, di grotte che forse nei
tempi antichi del monachesimo greco
servivano agli asceti, agli eremiti come
rifugi per la loro vita contemplativa in
solitudine. L'Aspromonte è contornato da
piani alti e terrazzamenti marini. Ad
oriente e a mezzogiorno la sua cornice
sono i costoni ripidi degradanti verso
lo Jonio con i contrafforti turriti e
calanchi di rocce chiare che assumono
forme suggestive a causa dell'erosione
prodotta dalla forza dei venti.
L'Aspromonte ospita inoltre una varietà
di vita vegetale davvero straordinaria
che si ostenta nella molteplicità dei
repertori di giacimenti naturali e
vegetali. Con il ritorno alla ribalta
dell'attualità dell'ambiente naturale e
della sua difesa quale valore
prioritario non soltanto per la
sopravvivenza ma per la bellezza
originaria che è dono dato all'uomo che
travalica i secoli, gli antichi sentieri
tracciati, dimenticati a vantaggio delle
strade di più facile e conveniente uso
sono stati giustamente rivalutati. I
sentieri, è stato detto, sono in
Aspromonte la metafora della referenza
di remoti itinerari culturali e della
memoria. Sono infatti le tracce del
percorso umano naturale, del cammino
dell'uomo nella natura tra gli alberi
che sono la prova viva del tempo
passato, il ricordo vivente delle
generazioni che ci hanno preceduto. Le
tracce di un mondo primitivo legato ai
cicli delle stagioni e al culto della
pietra e dell'acqua, tracce di un mondo
popolato di divinità agresti, dei miti
del bosco con i suoi misteri e i suoi
silenzi bisbiglianti, sussurranti, rotti
dai gridi degli uccelli. Territorio
scarsamente frequentato dal turista
vacanziere programmato. E' la poesia
cosmica dell'Aspromonte. Un mondo
intricato, inquietante anche perché
saturo di voci e suoni che provocano
emozioni, esaltazioni, sussulti e
sensazioni magiche. Secondo una
tradizione calabrese il Faggio e la
Quercia sono gli alberi ai quali si deve
devozione perché con il loro frutto
oleoso e le sue ghiande hanno nutrito
l'umanità bambina. Questa straordinaria
risorsa mediterranea di energie, di
forze e bellezza è tra l'altro l'habitat
ideale di una ricca fauna che va
dall'aquila reale al biancone, al gufo
reale, al gheppio all'astore al falco
pecchiaolo. L'acrocoro è abitato da
lupi, cinghiali, volpi, ghiri e
scoiattoli. Infine si può incontrare il
gatto selvatico esemplare assai raro.
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